Il Museo

Sezione Paleontologica

Attraversata la Sala Grande della Biblioteca, il visitatore entra nella prima sala del Museo, che evoca il contesto allestitivo della collezione nel XIX secolo.
Con la serie delle sale di nuovo allestimento il percorso conduce nel Valdarno 3 milioni di anni fa. Il secondo corridoio, presentato con la soluzione anamorfica dell’artista Stella Battaglia, introduce le tre principali fasi della storia geologica del Valdarno.

Durante la prima fase – 3 milioni di anni fa – il Valdarno superiore ospitava paludi e foreste caldo-umide con piante anche di altissimo fusto. Vi vivevano mastodonti, tapiri, rinoceronti, orsi neri primitivi, bovidi primitivi e nei corsi d’acqua tinche, salmonidi e tartarughe e vicino ai corpi d’acqua anatidi. Resti di questi organismi, rinvenuti nelle ligniti originatesi dall’accumulo dei resti vegetali nelle paludi, sono esposti nelle vetrine dedicate a questa fase.

Fra i 3 ed i 2,5 milioni d’anni (seconda fase) il bacino si ampliò per sprofondamenti tettonici. Un forte raffreddamento globale, con espansione della calotta glaciale artica, segnò l’inizio delle grandi alternanze glaciali e interglaciali del Quaternario ed ebbe profondi effetti sul Valdarno superiore. Alle foreste caldo-umide succede un ambiente di savana boscosa fresca. I brucatori in parte scomparvero, sostituiti da pascolatori di grande e grandissima taglia, quali elefanti ed equidi zebrini, che si aggiunsero ai rappresentanti evoluti dei bovidi della fase precedente, organizzati in mandrie mobili, come le zebre e gli gnu. Apparvero anche gruppi consistenti, ma stanziali, di cervidi di grande taglia. I boschi erano abitati da suidi, cervidi di media taglia, scimmie, istrici. I nuovi erbivori indussero un cambiamento anche nei carnivori. Ai predatori da agguato, quali tigri dai denti a sciabola e pantere, nelle savane si aggiunsero ghepardi, iene giganti e soprattutto canidi, simili ai lupi, ai coyote ed ai licaoni attuali, mentre nei boschi si stanziarono linci e orsi più carnivori dell’odierno orso bruno. Poco dopo arrivarono nuovi cervi giganti ed ippopotami. La prima delle vetrine di questo intervallo è dedicata ai marcatori del rinnovamento faunistico, l’elefante (Mammuthus), l’equide zebrino (Equus) ed i canidi (Canis). Le altre due vetrine ospitano resti di altri mammiferi pascolatori e brucatori e di predatori gregari e solitari dell’epoca. Una vetrina è dedicata all’eccezionale sito di Poggio Rosso, un accumulo di resti di pasto della iena gigante, mentre a conclusione della sezione si colloca il reperto di recente acquisizione del Mammuthus meridionalis del Tasso.

La terza fase di riempimento del bacino del Valdarno, che data ad un intervallo di circa 200.000-100.000 anni, è oggetto della successiva serie di vetrine. In questo tempo il bacino fu popolato da un nuovo complesso faunistico. Nella vetrina dedicata a questa fase figurano resti di un grande elefante di provenienza africana, Palaeoloxondon antiquus, quelli di mammut, cavallo selvatico, rinoceronte di steppa, uro, bisonte e cervo gigante, oltre a quelli di specie a noi più familiari, quali il cervo, capriolo e lupo. Il viaggio nel tempo si completa con uno sguardo riassuntivo delle principali fasi dell’evoluzione umana, offerto dalla vetrina finale del percorso museale. È il preludio di quanto il visitatore vedrà al pian terreno del Museo, con l’allestimento dei resti eccezionali del sito di Campitello: resti di una scena di macellazione con fossili di un giovane elefante e due selci, di cui una immanicata con pece di betulla e risalente a circa 200.000 anni fa, quindi tra gli esempi più antichi al mondo di questa tipologia.