Il ‘Miracolo della Mula’ di Giovanni Martinelli da San Ludovico a Cennano a San Francesco a Pescia

Nel parlare dell’Accademia Valdarnese del Poggio e della sua sede in Montevarchi abbiamo più volte fatto riferimento all’antico convento francescano di San Ludovico di Tolosa, dove l’istituzione si insediò nel 1821, ed alla chiesa con lo stesso titolo che, a causa dei passaggi dovuti alle soppressioni, è oggi denominata Sant’Andrea a Cennano.
Ebbene questa chiesa, che aveva ospitato fino al 1810 la pala con l’Incoronazione della Vergine di Sandro Botticelli, oggi a Villa la Quiete a Firenze, aveva custodito, fino ai primi del Settecento, anche un altro importante capolavoro e caposaldo della pittura fiorentina del diciassettesimo secolo, ossia la tela con il Miracolo della mula del pittore montevarchino Giovanni Martinelli, da lui firmata e datata 1632 (Io.Es Martinellius Floren. Fecit MDCXXXII). L’importanza di questo dipinto ‒ la prima opera certa a lui ricondotta ‒ è capitale per comprendere il percorso artistico del Martinelli e per testimoniare il suo legame ‒ mai interrotto ‒ con il territorio natio.

Nella tela l’avvenimento si concentra sul momento in cui il santo mostra l’Eucarestia alla mula e questa, rifiutando di mangiare la biada sparsale davanti dal giovane eretico in primo piano sulla destra, si inginocchia confermando l’avvenuto miracolo. Molti dei personaggi si impongono come dei veri ritratti e l’effetto coloristico, caratterizzato da accesi ocra e arancio, è preponderante nelle vesti dei protagonisti -la donna, il giovane, il diacono e Sant’Antonio – e delimita il racconto del prodigioso evento; l’imponente baldacchino diventa protagonista della scena teatralmente descritta nella parte superiore, mentre nello sfondo si impone la veduta della chiesa di Santa Maria del Giglio prima che vi fosse costruito il porticato che oggi la circonda su tre lati.
A chi scrive si deve il riconoscimento dell’esatta ubicazione originaria dell’opera, fino a pochi anni fa ritenuta dalla critica la chiesa del monastero femminile agostiniano del Sacro Latte, in via di Cennano (oggi conosciuta come chiesa della Misericordia).
In seguito ad un’attenta rilettura del manoscritto intitolato Notizie e riflessioni per servire all’Istoria Naturale del Valdarno di Sopra e alla civile ed Ecclesiastica della terra di Montevarchi risalente al 1770 circa, del proposto della collegiata di San Lorenzo, Prospero Gaspero Maria Conti, conservato nell’Archivio della collegiata di San Lorenzo, possiamo, infatti, precisare che la tela fu realizzata per una cappella della chiesa francescana di San Ludovico.
Scriveva infatti il Conti: «Non può abbastanza biasimarsi la dabbenaggine di chi permesse che una tavola compagna di questa [si riferisce alla tela con Un miracolo di Sant’Antonio dipinta da Mattia Bolognini per le monache del monastero del Sacro Latte] per quanto mi vien supposto esprimente un altro miracolo di S. Antonio, cioè quello della mula, che genuflessa adorò la SS. Eucaristia, la qual tavola trovavasi presso i P.P. Minori Conventuali, fosse a vilissimo prezzo venduta da un ignorante faccendiere e di là trasferita nella chiesa de’ medesimi religiosi nella città di Pescia».

L’opera, come è stato possibile appurare in occasione delle ricerche per la mostra Botticelli Della Robbia Cigoli tenutasi a Montevarchi nel 2019, era stata realizzata nel 1632 a spese del ricco possidente Angiolo Soldani per l’altare di Sant’Antonio da Padova, nel transetto sinistro, di patronato del convento, a sua volta realizzato in legno intagliato e dorato a spese dei frati e di benefattori. Come è testimoniato dal prezioso manoscritto di Memorie di padre Felice Messeri risalente al 1772, nel 1706 furono intrapresi importanti lavori nella chiesa di San Ludovico tanto che l’altare di Sant’Antonio da Padova dovette essere smantellato per fare posto a quello dell’Assunta con l’Incoronazione del Botticelli, di patronato della famiglia Mini, che lì veniva trasferito dalla parete destra della navata.
Insomma, probabilmente entro il primo decennio del Settecento, la tela del Martinelli fu trasferita nella chiesa conventuale di San Francesco a Pescia dove venne collocata ad una parete laterale della cappella di Sant’Antonio da Padova, a sinistra di quella centrale, nella zona absidale che si andava in quel tempo rimodernando, insieme ad una copia di ignoto di una tela di Lorenzo Pasinelli con Sant’Antonio da Padova che risuscita un morto. In questa cappella si erano da poco conclusi i lavori di rinnovamento dell’altare realizzato in marmo con bellissime testine di putti agli angoli ad opera della scuola di Giovanni Baratta, il plasticatore carrarese che nello stesso giro di anni realizzava il gruppo con la Vergine in gloria col Bambino e angeli e la retrostante Gloria di cherubini e due angeli reggi cortina, nella rinnovata cappella del Sacro Latte all’altare maggiore della collegiata di San Lorenzo a Montevarchi, tutto su progetto di Massimiliano Soldani Benzi.
Anche se rimane un’ipotesi non sembra però troppo azzardato supporre che il trasferimento della tela del Martinelli a Pescia non sia stata in realtà un’indebita appropriazione dell’opera, “a vilissimo prezzo”, da parte di un losco faccendiere, come riporta il Conti, ma possa essere dipesa da un accordo intervenuto tra i due conventi francescani, anche in virtù del coinvolgimento, nelle due città e in due analoghi cantieri, delle stesse maestranze che vi lavoravano, guarda caso, contemporaneamente.

Lucia Bencistà

Lucia Bencistà

Storica dell'Arte

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