Il Barone e il Valdarno. Bettino Ricasoli tra agricoltura e politica dell’Ottocento valdarnese

Il barone Bettino Ricasoli (1809-1880) è un personaggio molto noto nella storia italiana e toscana in particolare, ma il suo nome merita uno spazio importante anche nella storia del Valdarno superiore, con il quale ebbe relazioni molto strette.

La sua fama in Toscana è legata soprattutto al luogo del Castello di Brolio nel Chianti, a partire dal quale promosse un’impresa di rinnovamento dell’agricoltura del suo tempo per l’ambito vitivinicolo – come noto il barone fu il padre della formula del moderno vino Chianti, uno dei vanti del paesaggio toscano.

Per quanto riguarda la storia italiana Ricasoli fu il primo successore di Cavour quale presidente del Consiglio dei Ministri, carica che svolse nel 1861-1862 e poi di nuovo nel 1866-1867. Nel Valdarno Superiore Ricasoli aveva grandi proprietà, in particolare molti poderi nella zona di Terranuova Bracciolini, ma anche intorno a Figline e vicino a Montevarchi, e queste grandi proprietà ne facevano uno dei notabili più importanti del Valdarno del suo tempo: non a caso a partire dal 1852 Ricasoli fece parte del consiglio comunale di Terranuova, continuando l’incarico fino alla morte nel 1880, segno di quanto attenta fosse da parte sua la cura e la considerazione per un territorio che in una lettera ebbe una volta a definire come ‘una delle più belle province di Toscana’.

L’impegno di Ricasoli come politico locale è ben testimoniato dalle sue lettere, studiate da un approfondito saggio di Christian Satto nel volume “Bettino Ricasoli. Imprenditore agricolo e pioniere del Risorgimento vitivinicolo italiano”, Firenze, Aska, 2010.

Già prima di iniziare il suo impegno nell’amministrazione locale, Ricasoli aveva posto attenzione al rinnovamento tecnologico ed economico del Valdarno superiore, fondando e presiedendo dal 1847 una Società per Azioni per la costruzione del nuovo ponte sull’Arno tra Montevarchi e Terranuova: una realizzazione ingegneristica che aveva proprio l’intento di facilitare la circolazione commerciale nel territorio. Il ponte venne portato a termine nel 1856. Meno fortunato fu il Barone quando tentò di modificare il progetto della ferrovia da Firenze ad Arezzo, che propose, senza esito, di far passare da Montevarchi al percorso pedemontano attraverso Terranuova invece che dal tracciato in direzione di Bucine ancora oggi in uso. Nell’aneddotica locale sulle gesta del Barone questo fallito tentativo sulla ferrovia a Terranuova è rimasto anche proverbiale, legato a memorie e racconti satirici.

Dal 1852, comunque, Ricasoli fu impegnato in maniera continuativa come consigliere comunale: specialmente dopo il 1867, definitivamente libero dagli incarichi di governo nella capitale. Dalle lettere con il sindaco e il segretario comunale è possibile seguire un’attenzione fortissima anche per i dettagli della vita locale: la corretta tenuta dei bilanci innanzitutto, cui Ricasoli da buon esponente della destra storica attribuiva un significato cruciale, la costruzione delle strade, il miglioramento dei collegamenti con le frazioni, le scuole, la gestione delle acque, l’avanzamento tecnologico per la modernizzazione del territorio.

Bettino Ricasoli aveva grandi proprietà terriere in Valdarno, ereditate dalla storia della sua famiglia, presente qui fin dal Medioevo, e un simile patrimonio aveva il suo cuore nei venti e più poderi che costituivano la fattoria di Terranuova. Questo complesso di proprietà costituì un laboratorio di investimento nell’agricoltura, per la sperimentazione delle tecniche più innovative.

Ricasoli adoperò le competenze del suo agronomo di fiducia, Luigi Della Fonte, proprio sulla gestione dei poderi valdarnesi. Nel suo carteggio di quegli anni vi sono lettere in cui si osservano le caratteristiche non solo economiche ma anche umane, potremmo dire morali dei ‘contadini valdarnotti’,  dei loro pregi e difetti: Ricasoli giudicava ad esempio le abitudini e le pratiche agricole locali ancora arretrate, troppo centrate sulla coltivazione stensiva dei cereali, poco valorizzate dalla concimazione. I consigli del Barone e dei suoi uomini furono un momento del rinnovamento dell’agricoltura non solo a livello tecnico ma che sociale e culturale. Il Della Fonte, scrivendo all’illustre proprietario, osservava che “i contadini sono ‘diligenti’ ma ‘mancano di intelligenza’”, cioè hanno poca competenza effettiva sulle faccende agricole perché ignoranti: un’ignoranza atavica, che Ricasoli attribuiva all’opera secolare del clero che aveva mantenuto le classi contadine in condizioni da Antico regime. Da qui la sensibilità per l’elevazione culturale intesa come momento di crescita della società.

Proprio in occasione di uno dei suoi viaggi a Terranuova il Della Fonte aveva visitato l’Accademia del Poggio e discusso con Pietro Cilembrini, storico animatore del sodalizio accademico, suggerendogli la creazione in Valdarno se non di un liceo pubblico o almeno di un ginnasio, cioè di una scuola superiore in cui potesse crescere un ceto di figure locali formate a condurre le loro proprietà in maniera più moderna e razionale. L’uso ragionevole e competente della terra pensato per la crescita della società: un impulso per il quale Ricasoli vide con lungimiranza le possibilità di sviluppo del Valdarno.

Lorenzo Tanzini

Lorenzo Tanzini

Presidente dell'Accademia Valdarnese del Poggio

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