Paolo Mantegazza in Biblioteca Poggiana

Curiosando in Sala Grande

Visitando la Sala Grande dell’Accademia lo sguardo è mesmerizzato dalle storiche vetrine lignee a tutta parete, dense di secolari volumi dall’elegante rilegatura artigianale. Le migliaia di tomi che le popolano ci affascinano con l’ordinata disposizione e con gli eleganti dorsi rivestiti di bionde pergamene o di pelli colorate e impreziosite da fregi e lettere in foglia d’oro che annunciano l’autore e il titolo di ogni testo.

Impossibile non esserne rapiti e difficile è non perdersi leggendo gli aurei caratteri che brillano sulle sobrie tinte del pellame. Così facendo ci si imbatte in un palchetto dove i libri recano tutti (o quasi) un medesimo nome: quello di Paolo Mantegazza, personaggio oggi ignoto ai più, ma autore di best seller del passato. Chi era costui? Di cosa scriveva? Perché è così tanto rappresentato in biblioteca?

Paolo Mantegazza: chi era costui?

“Poligamo di molte scienze” – come lui stesso amava definirsi – Paolo Mantegazza (1831-1910), medico, antropologo, politico, romanziere e attivo esponente del positivismo, fu uno dei più prolifici e popolari scrittori della seconda metà del XIX secolo.
Nato a Monza, si laureò a Pavia nel 1854 e subito partì per il Sudamerica in cerca di fortuna. Vi si trattenne per 4 anni vivendo in Argentina, Paraguay e Bolivia e compiendo osservazioni di storia naturale, etnologia e di medicina delle popolazioni locali. Tale esperienza, insieme agli studi antropologici e craniologici condotti in una lunga sosta a Tenerife durante il ritorno, delinearono gli interessi scientifici che caratterizzarono poi tutta l’opera di Mantegazza.
Rientrato in Italia esercitò la professione medica e intraprese la carriera universitaria, divenendo nel 1860 Professore ordinario di Patologia generale all’Università di Pavia, dove fondò il primo laboratorio di Patologia sperimentale d’Europa.
Del 1865 fu la sua elezione a Deputato del Parlamento Italiano, dove rimase per quattro legislature fino al 1876, quando divenne Senatore del Regno.
Nel 1869 iniziò la sua carriera fiorentina con il trasferimento all’Istituto di Studi Superiori Pratici e di Perfezionamento. Qui venne chiamato a ricoprire la prima cattedra di Antropologia in Italia e ad essa associò la fondazione del Museo di Antropologia ed Etnologia. Creò anche la Società di Antropologia ed Etnologia e iniziò la pubblicazione della prima rivista italiana del settore: l’ “Archivio italiano per l’Antropologia e l’Etnologia” che, uscito per la prima volta nel 1871, è tutt’oggi attivissimo.
Mantegazza intese l’antropologia come una vera e propria storia naturale dell’uomo, tenendo sempre uniti tutti gli approcci: da quello fisico, a quello culturale, a quello psicologico.
Per mezzo di studi craniometrici fu il primo a mettere in discussione le razze umane, dimostrando sperimentalmente l’esistenza di eguale variabilità morfologica tra membri di una stessa popolazione e quelli di altre. Nonostante ciò oggi gli vengono attribuite posizioni eugenetiche in virtù degli scritti in cui si pronunciò contro il matrimonio fra consanguinei e fra malati. Il suo approccio, tuttavia, non dovrebbe essere letto in ottica genetica (la genetica non esisteva ancora) di miglioramento della razza, ma in chiave igienica, ossia della disciplina medica che mira a prevenire le malattie e promuovere il benessere e l’efficienza umana.

Uno scrittore molto prolifico e popolare

Dette alle stampe circa 1500 contributi, compresi gli articoli su riviste specializzate e sulla stampa comune, ma a renderlo popolare furono alcune decine di best seller, in molti casi ristampati per quasi mezzo secolo, che fecero di Mantegazza un autore molto popolare. Egli ebbe il merito di conquistare il pubblico con una scrittura estremamente accessibile e un linguaggio sempre piacevole e talvolta ironico.
Inutile dire che l’esser stato pioniere della sessuologia in Italia, affrontando il tema con approccio positivista, giovò molto alla sua popolarità. Il suo primo libro, “Fisiologia del piacere” (1854), scaturito dagli studi per la tesi in medicina, fu seguito da numerosi altri contributi sulle sue scoperte e sulle sue teorie – all’epoca rivoluzionarie – nel campo dell’amore eterosessuale e del matrimonio come istituzione.
Tra i più rilevanti saggi scientifici si ricordano “Rio de la Plata e Tenerife” (1867), “Elementi di Igiene” (1871), “Quadri della natura umana” (1871), “Gli amori degli uomini” (1886), ma molto popolari furono anche varie brillanti operette con titoli dalla malcelata finalità commerciale quali, ad esempio: “L’arte di esser felici” (1886), “L’arte di prender moglie” (1892), “L’arte di prender marito” (1894), “Elogio della vecchiaia” (1893).
Fortunatissima anche la serie degli Almanacchi igienici popolari: una quarantina di volumetti monografici, pubblicati a partire dal 1866 con cadenza annuale, che entrarono nelle case di tantissimi italiani. Essa ebbe il merito di contribuire alla capillare diffusione della cultura dell’igiene nell’Italia postunitaria, impresa che per Mantegazza fu una vera e propria missione.
Da notare il suo ricorso al romanzo per finalità pedagogiche: in primis nel 1868 con “Un giorno a Madera” (il testo che maggiormente getta su di lui l’ombra eugenetica), un romanzo epistolare teso a sconsigliare il matrimonio tra malati. Molto celebre anche “Testa” (1888) – la risposta a “Cuore” di Edmondo De Amicis – in cui Mantegazza volle evidenziare l’importanza di affiancare sempre la ragione al sentimento. Infine con l’ucronico “Anno 3000” (1897) egli si pose tra i precursori della fantascienza in Italia.
Il nucleo di volumi mantegazziani (oltre una trentina) nella Biblioteca poggiana è figlio della cultura del tempo in cui fu raccolto, ma non reca con sé soltanto la storia di un’epoca, bensì anche quella di un illustre e interessante personaggio che, se fosse vissuto ai nostri tempi, sarebbe il perfetto ospite opinionista di tanti talkshow e trasmissioni televisive.

Fausto Barbagli

Fausto Barbagli

Curatore museale presso la Specola di Firenze e storico della scienza

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